domenica 26 gennaio 2014

Omocausto e Memoria Creativa - il podcast di Queer Laundry




A Queer Laundry si è chiacchierato di Omocausto e Memoria creativa: un'intervista a Giovanni Coda - regista del film Il Rosa Nudo - e un'ospitata in studio di Jacopo Camagni per presentarci Rosa Cenere, la collettiva di 19 illustratrici&illustratori pronta ad inaugurare il 27 gennaio al Cassero di Bologna.



mercoledì 22 gennaio 2014

HER - love in the modern age.



La verità vi prego sull'amore - quello moderno. Su questa la domanda che Lance Bangs, filmaker statunitense, ha costruito una video intervista già virale sul web.

Bangs parte dalle suggestioni di Her, ultimo immaginifico lungometraggio di Spike Jonze: un film sull'incomunicabilità, sul desiderio e sulla tecnologia, con protagonista J.Phoenix e la voce della Johansson.

Una discreta rappresentanza passa davanti alla videocamera di Bangs per discorrere dell'amore ai tempi della modernità: scrittori, musicisti, registi e attori - se ad un certo punto credete di vedere Bret Easton Ellis, tranquill*: è proprio lui, ossigenato.

Miserie e splendori, innamoramenti, separazioni, una serie inattesa di fragilità e - straordinariamente - neppure un po' di cinismo: di cosa parliamo quando parliamo d'amore.



sabato 18 gennaio 2014

God Loves Uganda: un'intervista di QueerLaundry a Vincenzo Branà prima della proiezione bolognese.



A Queer Laundry su Radio Kairos, in occasione della proiezione a Bologna di God Loves Uganda, abbiamo intervistato Vincenzo Branà: nel podcast parliamo di fondamentalismo cristiano, di strategie coloniali dure a morire, di migrazioni, di David Kato e del documentario che verrà proiettato martedì 21 gennaio al Cinema Europa nella rassegna Mondovisioni, grazie a Kinodromo e Gender Bender International Festival.


mercoledì 15 gennaio 2014

#MiBomboEsMìo: il collettivo XXX complice delle donne spagnole



La visita del collettivo XXX al Collegio di Spagna non è un caso. Da un po' di notti infatti non riusciamo a dormire a causa di quanto sta succedendo alle donne spagnole: d'altronde svegliarsi nel bel mezzo del medioevo, ripristinato dalla legge Gallardòn, non è piacevole per nessuna.

Questa proposta di legge riporta le donne spagnole ai ferri da maglia o alla sola funzione riproduttiva. 

Abbiamo preferito dunque non dormire ma essere complici delle donne e delle femministe spagnole e ricordare che contraccezione e interruzione volontaria di gravidanza devono essere un diritto praticabile da tutte le donne.

martedì 14 gennaio 2014

Beatriz Preciado - Noi diciamo rivoluzione.



Serve sempre qualcun* che dia la carica.
Ringrazio Beatriz Preciado per la motivazione, Incroci di Genere per aver pubblicato la traduzione, quell* di Transfeminismos per aver pensato all'antologia che contiene questo testo in prefazione.
Loro dicono crisi. Noi diciamo rivoluzione.

"Gli esperti di analisi politica si sono accorti dell’inizio di un nuovo ciclo di ribellioni sociali che sarebbe cominciato nel 2009 come reazione al collasso dei mercati finanziari, l’aumento del debito pubblico e le politiche di austerità. La destra, composta da un non sempre riconciliabile sciame di manager, tecnocrati, capitalisti finanziari opulenti e monoteisti più o meno spodestati, oscilla tra una logica futurista che spinge la macchina della Borsa verso il plusvalore e il ripiegamento repressivo del corpo sociale che riafferma la frontiera e la filiazione familiare come enclavi di sovranità. Nella sinistra neo-comunista (si vedano Slavoj Zizek, Alain Badiou e compagnia) si parla del risorgimento della politica emancipatoria su scala globale, da Wall Street al Cairo, passando per Atene e Madrid, ma si annuncia con pessimismo l’incapacità dei movimenti attuali di tradurre una pluralità di domande in un’unica lotta antagonista. Zizek riprende la frase di William Butler Yeats per riassumere la sua arrogante diagnosi della situazione: “I migliori scarseggiano di ogni convinzione, mentre i peggiori sono colmi di appassionata intensità”

I vecchi guru di sinistra della vecchia Europa coloniale si ostinano a voler spiegare agli attivisti dei movimenti Occupy, del 15M, alle transfemministe del movimento handicap-trans-puttano- frociolesbico-intersex e post-porno che non possiamo fare la rivoluzione perché non abbiamo un’ ideologia. Dicono « un’ideologia » esattamente come mia madre diceva « un marito ». Non abbiamo bisogno né di ideologia né di marito. Noi, transfemministe, non abbiamo bisogno di mariti perché non siamo donne. Non abbiamo bisogno nemmeno di ideologie perché non siamo un popolo. Né comunismo né liberalismo. Né la cantilena catto-musulmano-ebraica. Noi parliamo un’altra lingua.

Loro dicono rappresentazione. Noi diciamo sperimentazione. Dicono identità. Diciamo moltitudine. Dicono lingua nazionale. Diciamo traduzione multi-codice. Dicono addomesticare la periferia. Diciamo meticciare il centro. Dicono debito. Diciamo cooperazione sessuale e interdipendenza somatica. Dicono sfratto. Diciamo abitare il comune. Dicono capitale umano. Diciamo alleanza multi-specie. Dicono diagnosi clinica. Diciamo capacità collettiva. Dicono disforia, stordimento, sindrome, incongruenza, deficienza, handicap. Diciamo dissidenza corporea. Un Tecno-sciamano della Pocha Nostra vale di più di uno psico-commerciante neo-lacaniano e un fisting controsessuale di Post-Op è meglio di una vaginoplastica di protocollo. Dicono autonomia o tutela. Diciamo agire in relazione e in maniera distribuita. Dicono ingegneria sociale. Diciamo pedagogia radicale. Dicono prevenzione, terapia genetica, miglioramento della specie. Diciamo mutazione molecolare anarcolibertaria. Dicono diritti umani. Diciamo anche la terra e tutte le specie hanno diritti. La materia ha diritti. Dicono carne di cavallo nel menù. Diciamo saliamo in groppa ai cavalli e scappiamo dal macello globale. Dicono che Facebook è la nuova architettura del sociale, Noi chiamiamo, con la Quimera Rosa e Pechblenda, a un cybersabba di puttanoni geek. Dicono che Monsanto ci darà da mangiare e che l’energia nucleare è la più economica. Diciamo togli il tuo zoccolo radioattivo dai miei semi. Dicono che il FMI e la Banca Mondiale sanno prendere le maggiori e migliori decisioni. Ma quante transfemministe sieropositive ci sono nel consiglio direttivo del FMI? Quante lavoratrici sessuali migranti appartengono al quadro direttivo della Banca Mondiale?

Dicono pillola per prevenire la gravidanza. Dicono clinica riproduttiva per diventare madri e padri. Diciamo collettivizzazione dei fluidi riproduttivi e di uteri riproduttori. Dicono potere. Diciamo potenza. Dicono integrazione. Diciamo proliferazione di una molteplicità di tecniche di produzione di soggettività. Dicono copyright. Diciamo codice aperto e programmazione stato beta: incompleta, imperfetta, processuale, costruita collettivamente, relazionale. Dicono uomo-donna, bianco-nero, umano-animale, omossessuale-eterosessuale, valido/invalido, sano/malato, pazzo/savio, giudeo/musulmano, Israele-Palestina. Diciamo ma lo vedi che il tuo apparato di produzione della verità non funziona … Quanti Galileo saranno necessari, questa volta, per imparare a dare un nome nuovo alle cose ?

Loro ci fanno la guerra economica a colpi di machete digitale neoliberale. Ma noi non piangeremo per la fine dello Stato benefattore perché lo Stato benefattore aveva anche il monopolio del potere e della violenza ed era accompagnato dall’ospedale psichiatrico, dal centro d’inserimento per handicappati, dal carcere, dalla scuola patriarcale-coloniale-eterocentrata. È arrivata l’ora di mettere Foucault alla dieta handicap-queer e di cominciare a scrivere la Morte della Clinica. È tempo di invitare Marx a un laboratorio eco-sessuale. Non vogliamo né il velo né la proibizione di portare il velo: se il problema sono i capelli, ci raperemo a zero. Non faremo il gioco dello Stato disciplinare contro il mercato neoliberale. Entrambi sono già arrivati insieme ad un accordo : nella nuova Europa, il mercato è l’unica ragione governamentale, lo Stato diventa un braccio punitivo la cui unica funzione sarà limitata a ricreare la finzione dell’identità nazionale agitando la minaccia dell’insicurezza.
Abbiamo bisogno di inventare nuove metodologie di produzione di sapere e una nuova immaginazione politica capace di mettere a confronto la logica della guerra, la ragione etero-coloniale e l’egemonia del mercato come luogo di produzione del valore e della verità. Non stiamo parlando semplicemente di un cambio di regime istituzionale, di un dislocamento di élites politiche. Parliamo della trasformazione dei “domini molecolari della sensibilità, dell’intelligenza, del desiderio”. Si tratta di modificare la produzione di segni, la sintassi, la soggettività. I modi di produrre e riprodurre la vita. Non stiamo parlando solo di una riforma degli Stati-nazione europei. Stiamo parlando di decolonizzare il mondo, di interrompere il Capitalismo Mondiale Integrato. Stiamo parlando di modificare la “Terrapolitica”.

Siamo i giacobini negri e froci, le frocie rosse, gli sfrattati verdi, siamo le trans senza documenti, gli animali da laboratorio e dei macelli, i lavoratori e le lavoratrici informatico-sessuali, puttanoni diversamente funzionali, siamo i senza terra, i migranti, gli autistici, quelli che soffriamo di un deficit di attenzione, eccesso di tiroxina, mancanza di serotonina, siamo quelli che abbiamo troppo grasso, i portatori di handicap, i vecchi in situazione precaria. Siamo la diaspora rabbiosa. Siamo i riproduttori falliti della terra, i corpi impossibili da mettere a valore nell’economia della conoscenza.

Noi non vogliamo definirci né come lavoratori cognitivi né come consumatori farmacopornografici. Noi non siamo né Facebook, né Shell, né Nestlé, né Pfizer-Wyeth. Non siamo nemmeno Renault o Peugeot. Noi non vogliamo produrre francese, né spagnolo, né catalano, ma neanche europeo. Noi non vogliamo produrre. Noi siamo la rete viva decentralizzata. Noi rifiutiamo una cittadinanza definita a partire dalla nostra forza di produzione o dalla nostra forza di riproduzione. Non siamo bio-operai, produttori di ovuli, né cavità gestanti, né inseminatori di sperma. Noi vogliamo una cittadinanza totale definita dalla possibilità di condividere tecniche, fluidi, semenze, acqua, saperi… Loro dicono che la nuova guerra pulita verrà fatta con i droni. Noi vogliamo fare l’amore con quei droni. La nostra insurrezione è la pace, l’affetto totale. Sappiamo già che la pace è meno sexy della guerra, che un poema vende meno di una raffica di proiettili e che una testa tagliata rende di più di una testa parlante. Però la nostra rivoluzione è quella di Soujourneth Truth, di Harriet Tubman, di Jean Deroin, di Rosa Parks, di Harvey Milk, di Virginia Prince, di Jack Smith, di Ocaña, di Sylvia Rae Rivera, di Combahee River Collective, di Pedro Lemebel. Abbiamo abbandonato la politica della morte: siamo un battaglione sesso-semiotico, una guerriglia cognitiva, un’armata di amanti. Terrore anale. Siamo il futuro parlamento post-porno, una nuova internazionale somatopolitica fatta di alleanze sintetiche e non di vincoli identitari. Loro dicono crisi. Noi diciamo rivoluzione."

#save194 - il podcast di QueerLaundry su aborto, obiezione e contraccettivi di emergenza



Un'ora di radiofonia eccedente dove qualcun* cerca di verificare le proprietà di Homofinal, la pillola turca ai feromoni che ti raddrizza l'orientamento – da frocio a etero con qualche pasticca. Di altre pasticche si parla in seguito, di quelle del giorno dopo che in Italia è un po' troppo difficile trovare; e poi di rapporti parlamentari abortiti, di aborti non consentiti, di cattolici che occupano consultori e di donne che si liberano le ovaie, di cavalieri maltesi in commissioni europee, di medici che non obiettano, di farmacisti a cui piace la fantascienza, di appuntamenti in caserme occupate, di ragazze che si incappucciano e di un nuovo femminismo a pois.

Con noi in studio, Angela Balzano invita tutt* a Làbas mercoledì 15 gennaio per un'iniziativa pubblica delle XXX sulla 194.

Queer Laundry - tutti i giovedì in diretta dalle 20.30 su Radio Kairos, 105.85fm a Bologna o in web streaming dal sito www.radiokairos.it


giovedì 9 gennaio 2014

Erykah Says - Badu on techno-pop



Tra i motivi per cui nutro infinito amore nei confronti di Miss Erykah Badu, c'è che la ragazza si esprime sempre con una qual certa schiettezza. Anche quando c'è da dire qualcosa di molto netto sul nuovo corso dell'hiphop mainstream - yo.

"How y’all gone stand by and let our music turn into pop techno cornball ass music. We don’t own our music no more. Come to think of it, did we EVER own it? when I say own our music , I’m not talkin bout the artist I’m talkin bout the people … let me be quiet. I wanna hear from the young people? easy for me to complain about this techno-pop cause i have a taste for something else. but how do u feel? These rappers ought to be shame of they damn selves, I’m talkin bout the mc’ s rappin over this pop techno music. I believe in pimpin the system buy got DAMN! not like this. #pop-technosongs. I like the idea of no distinction in race when it comes 2 music, but SOULkeepers, U dont give up the boom bip and the hump 4 the payday. I love house and techno as a side dish .But now it’s served as the main course AND that’s ALL u gone get. like chittlins in the back house. I love music PERIOD. just not ready to say goodbye to the boom bip and the hump .. kinda painful for my generation to see. just strange 2me. Yes, no1 wants 2B poor again. artist have2 sacrifice integrity of the music sometimes 2 make ends meet. this is understood.but gotDAMN now. if you’ve never tasted good p*ssy your satisfied with ass hole. (that’s terrible ain’t it .) 
lol"

Erykah Badu

martedì 7 gennaio 2014

#save194 - dell'aborto e di fastidiose ingerenze nei nostri uteri



Ieri ho letto una cosa agghiacciante sulla legislazione del Texas. 
Nello stesso Texas dove la senatrice democratica Wendy Davische ha sostenuto un discorso-maratona di 11 ore per impedire le riforme restrittive sulla legge per l’aborto, il corpo di Marlise Munoz è ostaggio dello stato a cusa delle restrizioni sull'aborto: certificata cerebralmente morta in seguito ad un incidente, Marlise Munoz è tenuta in vita contro le disposizioni da lei lasciate poiché alla quattordicesima settimana di gravidanza. Infatti, il Texas è uno dei 12 stati della confederazione americana che non permette il trapasso nel caso la donna certificata cerebralmente morta sia incinta. 
Se sei incinta, le disposizioni per la tua morte non valgono. Se sei in cinta e sei cerebralmente morta, il tuo corpo lo gestisce lo stato del Texas.

Il mio primo link mentale mi ha rimandata al caso di Eluana Englaro e all'uscita agghiacciante del signor B. che, davanti ad una donna in stato vegetativo da 17 anni, si è prodotto in un commento contrario all'interruzione della nutrizione artificiale argomentando “potrebbe ancora restare incinta”. Un'incubatrice.

E poi c'è la Spagna dove la legge Gallardòn rischia di far ripiombare tutte nel clima catto_oscurantista del franchismo: l'aborto non sarà più un diritto e l'accesso sarà garantito solo su certificazione del medico in caso di gravissimi rischi per la salute della donna, oppure in seguito a stupro. E ho il timore che la legge Gallardòn preveda anche che una donna dimostri di essere stata stuprata.

A quanto pare, quello slogan vintage e un tantino massimalista che parlava di un proletariato internazionalista, sbagliava oggetto: oggi è il patriarcato a non aver nazione.

In Italia, la 194 sancisce ancora un diritto che non dobbiamo dare per scontato: l'interruzione di gravidanza oggi è messa a rischio da un numero insostenibile di medici obiettori di coscienza, da farmacisti che si inventano obiettori (e andrebbero denunciati dal primo all'ultimo), da associazioni cattoliche che sostengono verità altre sulle pillole contraccettive, da associazioni cattoliche che sostengono l'obiezione alle spese fiscali per l'IVG, da estremisti cristiani che fanno maratone di preghiera davanti agli ospedali dove viene legittimamente praticato l'aborto alle donne che lo richiedono.

Per questo, le XXX invitano tutt* mercoledì 15 gennaio a Làbas per un incontro su IVG, legge 194, pasticche e pillole, obiezioni di coscienza - dalle 18 in via Orfeo 46.

domenica 22 dicembre 2013

God Loves Uganda - un documentario sul fondamentalismo cristiano



In Uganda le persone gay, lesbiche e transessuali rischiano il carcere e la morte.

Ho già scritto di Call me Kuchu, il documentario di Katherine Fairfax Wright e Malika Zouhali-Worrall sulla vita di David Kato: nato come documentario sulla lotta per i diritti della comunità LGBT ugandese, il film finisce per essere una testimonianza inaspettata dell’ultimo anno di vita di David Kato, primo omosessuale dichiarato in Uganda, brutalmente assassinato nel suo appartamento durante il periodo di produzione del film.

Ora un altro documentario sull'Uganda presentato al Sundance e tra poco in distribuzione negli USA, ci racconta un altro aspetto inquietante sull'omofobia crescente nel paese africano: God Loves Uganda, esplora il ruolo del movimento evangelico Americano in Uganda, seguendo i missionari statunitensi nel loro tentativo di eliminare il “sexual sin” e convertire gli/le Ugandesi al fondamentalismo cristiano.

Sembra fantascienza ed invece è un viaggio alle radici dell'odio e dell'estremismo religioso che mina pericolosamente l'area delle nostre libertà e dei nostri desideri.



Non è un paese per froci - l'Uganda a un passo dall'ergastolo per gay e lesbiche.



Sabato 21 dicembre è stata una giornata caratterizzata da pessimi risvegli.

Prima la legge Gallardon in Spagna, in virtù della quale l'aborto smette di essere un diritto.

Poi l'Uganda, dove il parlamento approva una legge che prevede l'ergastolo per i gay recidivi. Recidivi. Se poi qualcun* mi spiega cosa cazzo vuol dire gay recidiv* – che sei gay per più di un paio d'ore? Chessò, una settimana, un mese, una stagione? Recidiv*.

Per l'entrata in vigore resta un solo passaggio: la firma del presidente, Yoweri Museven, che dicono non essere scontata, pare infatti che Obama abbia minacciato di tagliare gli aiuti economici nel caso passasse la legge. Staremo a vedere – e magari manifesteremo, scriveremo email, ci faremo venire delle gastriti, andremo a chiedere che venga concesso lo status di rifugiat* politic* a chi vuole lasciare l'Uganda perchè lesbica, transessuale, gay, bisessuale, pansessuale, ecosessuale, eterocurios*.

Poi però mi piacerebbe aprire una discussione sull'estremismo cristiano che spinge con violenza verso questa decadenza di ogni convivenza civile, che accelera le dinamiche di odio, che colonizza con il suo immaginario mitologico e fascistoide l'area delle nostre libertà.

Spero che partecipiate a questa discussione. E spero che vi spaventiate. Spero che vi incazziate. Spero ne rimarrete scoss* e che questo vi aiuti a ricordare che la limitazione dei diritti, la normazione dei corpi, la discriminazione dei desideri sono pratiche mortifere per tutt*. E spero che proviate fortissimo il desiderio di autodeterminarvi.

sabato 21 dicembre 2013

Non è un paese per donne - In Spagna l'aborto ha smesso di essere un diritto





Venerdì 20 dicembre 2013 in Spagna è stata approvata la "Ley de Protección de la Vida del Concebido y de los Derechos de la Mujer Embarazada" e l'aborto ha smesso di essere un diritto delle donne: si potrà interrompere la gravidanza solo in caso di rischio per la salute della donna o in seguito a violenza sessuale.

Questa lezione durissima sul corpo delle donne spagnole ci deve insegnare a non dare per scontati i diritti conquistati da altre con altre lotte per tutt* noi: in Italia esiste ancora una legge che permette l'interruzione volontaria di gravidanza e va difesa.

Così come va difeso il diritto a ricevere un'educazione sessuale (e laica) nelle scuole pubbliche, ad accedere ai contraccettivi di emergenza ed alla migliore assistenza medica possibile a tutela della salute sessuale e riproduttiva delle donne e per le donne.

Per i nostri corpi, scegliamo noi.

#save194


martedì 17 dicembre 2013

Questa è una dichiarazione di complicità con Làbas




Questa è una dichiarazione di complicità. 

Sono di parte e sto con Làbas. Per il semplice fatto che quell* che ne fanno parte oppongono al vuoto di un'ex caserma abbandonata la pienezza delle loro passioni.

Ci vuole della passione per immaginare di occupare un'area militare abbandonata e trasformarla in un laboratorio aperto alla città. C'è della passione nell'accoglienza riservata al mercato di un gruppo di contadin* che difendono la sovranità alimentare ed eludono le maglie del mercato. Ancora è passione quella che vedo nella lotta per il diritto alla casa in una città come Bologna, dove denunciano affitti da strozzin* e dove segnalano case colpevolmente sfitte e dove propongono l'alternativa del crowdhousing. Sempre di passione si tratta quando l* vedo dare spazio a laboratori di writing e li* vedo metterci la faccia e i muri mentre si confrontano con una street art che non vogliono commercializzata e l* vedo manifestare in solidarietà di chi fa una scritta sul muro e si vede saltare la condizionale.

Mi dichiaro complice di Làbas, di chi la occupa e di tutta quella passione – spazi, corpi e energie che rendono Bologna una città migliore.

lunedì 16 dicembre 2013

Non è un paese per donne - XXX invade San Petronio a Bologna e rivendica il diritto all'IVG



#KeepYouRosariesOFFmyOvaries - netto e chiaro: proprio come l'azione delle XXX che, con un algebrico slogan "voi occupate i consultori, noi invadiamo le chiese", appaiono nella navata centrale della basilica di San Petronio a Bologna per rivendicare il diritto all'autodeterminazione delle donne sull'interruzione volontaria di gravidanza.

In un paese dove la crescita esponenziale tra i medici degli obiettori di coscienza mette fortemente a rischio l'applicazione del diritto all'interruzione volontaria di gravidanza sancito dalla legge 194 (sempre sia lodata, NdA), XXX sceglie di portare la danza & la militanza significativamente in chiesa a pochi giorni dall'imbarazzante bocciatura in sede di parlamento europeo del rapporto Estrela, su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”: grazie all’astensione e ai voti contrari di eurodeputati teocon del PD, non passa la risoluzione che chiedeva che l'aborto sicuro fosse un diritto garantito in tutti gli Stati membri e il ricorso all’obiezione di coscienza una pratica da monitorare (oltre a promuovere la tutela dei diritti riproduttivi e dell'autonomia delle donne su contraccezione, il contrasto alla diffusione di malattie sessualmente trasmissibili, la promozione dell’educazione sessuale, la lotta contro l’omo-lesbo-transfobia).

Brave - a me queste piacciono.

#save194 #larivoltaèfica #KeepYouRosariesOFFmyOvaries #XXX #feminismisnow

venerdì 8 novembre 2013

#BechdelTest - il sistema di rating svedese sulla parità di genere nei film




Sulla parità di genere l'attenzione non è mai abbastanza: immagino che da una considerazione analoga siano partit* in Svezia, quando è stata rispolverata una buona pratica attivata per la prima volta negli anni '80.

Si tratta del Bechdel Test, un sistema di rating applicato al cinema per la misurazione della parità di genere, della rappresentazione delle donne e della valorizzata dei loro ruoli nei film.

Il test è di una semplicità disarmante e propone 3 quesiti:

1_Ci sono più di due protagoniste nel film?

2_Discutono tra loro?

3_ Parlano di qualcosa che non sia un uomo?

Come era prevedibile, sono pochi(ssimi) i film che ottengono una A piena, superando tutti e 3 i quesiti:
per premiarli e per contribuire in maniera pro attiva a questa buona pratica, l'istituto nazionale di cinema - oltre ad aver adottato il sistema di rating - ha istituito una domenica al mese a partire dal 17 novembre in cui verranno proiettati solo i film che superano il Bechdel Test. E lo ha fatto con l'appoggio del governo.

In Svezia, naturalmente.



(illustrazione Gianmarco Magnani)

domenica 3 novembre 2013

#G as Guerrilla Gardening - domenica 3 novembre a Bologna



Niente è meglio di un appuntamento al buio la domenica pomeriggio - soprattutto se di mezzo c'è la Guerrilla Gardening.

Terra di Nettuno & Urban ResistDance ci danno appuntamento dalle 14 in via Sabotino angolo via Valdossola per un happening green, al quale potremo tuttt* ballare e vangare con un'amplificazione ECO e per un bombing di ciclamini.

#daje.

sabato 2 novembre 2013

#GenderBender2013 - la première di DUAL





Due donne, due storie, due lingue, due motivi per rinunciare a qualcosa: quello tra Iben e Tina è un incontro improbabile e tardo notturno in una Ljubljana che stanno entrambe per lasciare e che decidono di lasciare insieme.

Delicato ma a tratti fragoroso, agrodolce e surreale, capace di irriverenza e ironia, neoromantico e naif, esotico come potrebbe esserlo un video di Bjork, epifanico come un racconto di Miranda July, Dual è una commedia fresca che attraversa una storia d'amore fatta di slanci sconsiderati e tenera goffaggine, disseminata di ostacoli e decisioni impreviste, in continua tensione con la precarietà delle prospettive che il futuro può riservare a due giovani donne.

Gender Bender presenta la première italiana di Dual, secondo film del ventottenne scrittore e regista sloveno Nejc Gazvoda già acclamato autore di Trip, opera prima girata in low budget e meritatamente selezionata per la Slovenia agli Academy Awards nella sezione film stranieri.

Sabato 2 novembre alle 20.30 in Cineteca a Bologna in via Azzo Gardino 65 - save T H I S date.


mercoledì 30 ottobre 2013

SOOKEE - quing of Berlin @ TPO mercoledì 30 ottobre



Lei è tedesca, nata all'inizio degli anni '80 nella DDR ma cresciuta a Berlino.

 Ha fatto l'insegnante, occupandosi di progetti legati all'intercultura e alla valorizzazione delle differenze.

 Poi ha mollato tutto per darsi completamente ad una passione che coltivava da quando era una ragazzina - l'hiphop.

E se la scena hiphop per una donna non fosse già un test provante, Sookee ha deciso di fare del rap militante: i suoi testi, le sue performance, il suo immaginario sono legati all'attivismo postfemminista, antifascista e queer.

Appena arrivata ha rilasciato un'intervista che potete leggere qui: la intervisteranno anche Global Project e Radio Kairos, ma soprattutto sarà sullo stage del TPO mercoledì 30 ottobre per Soggettiva all'interno di Gender Bender - save T H I S date.


mercoledì 23 ottobre 2013

#GenderBender2013 - "The Most Fun I've Ever Had With My Pants On" in prima nazionale



Nel programma (pazzesco) dell'edizione 2013 di Gender Bender c'è anche la première italiana di  The Most Fun I've Ever Had With My Pants On, un film che non volete perdere.

Drew Denny è una performer artist, fotografa e documentarista, arts editor per il noto magazine di musica indipendente “LA Record”: The most fun I’ve ever had with my pants on, adattamento cinematografico di un sua precedente performance, la vede per la prima volta alla regia di una fiction e la impegna anche come sceneggiatrice e protagonista. 

Il film è prima di tutto un road movie, dal Texas alla California: Andy attraversa il southwest americano in macchina per disperdere le ceneri del padre, accompagnata dall’amica di infanzia Liv. Capace di ironia e leggerezza nonostante il tema del lutto, il film si sviluppa sul rapporto fatto di tensioni e intimità tra le due ragazze, in equilibrio tra il viaggio memoriale della loro infanzia e la proiezione verso le aspettative future. Girato in super 16mm e digitale, The most fun I’ve ever had with my pants on si avvale di una fotografia visionaria e allo stesso tempo incredibilmente solida, perfetta nel rendere coerente la narrazione che gioca sul doppio binario dell’onirico e del concreto.

Gender Bender presenta la première italiana del film, già in concorso nelle selezione ufficiale dell’American Film Institute Fest e al festival del cinema di Toronto, e presentato all’edizione 2013 dell’OutFest di Los Angeles.

La proiezione è Venerdì 1 novembre alle 20.30 in Cineteca a Bologna - save T H I S date.

martedì 22 ottobre 2013

Alicé, la street art e gli efficientissimi vigili di Bologna





Alicé, nome d'arte di Alice Pasquini, è un'artista: illustratrice, pittrice, graphic designer, scenografa. E street artist.

Alicé rilascia un'intervista al Corriere di Bologna perché in città ci sono alcuni pezzi da lei realizzati su pensiline degli autobus, muri e porte.

Dopo meno di un mese, viene denunciata alla Procura dai vigili del reparto sicurezza urbana e antidegrado della Municipale di Bologna: leggo su Radio Città del Capo, "(i vigili) si sono attiviati dopo che nell’intervista AliCè ha citato i suoi lavori in via Centotrecento, via Mascarella, via Zamboni, Pratello e Bolognina e l’hanno denunciata per imbrattamento. Dalla ‘tag’ i vigili sono arrivati in breve ai diversi siti web che propongono disegni simili a quelli bolognesi, ed è stato semplice identificarla. Dopo aver riscontrato “elementi oggettivi” e “inconfutabili” circa la condotta criminale di cui all’articolo 639 cp” è scattata la denuncia alla Procura."

E già ci sono almeno 3 dati interessanti: la sorprendente celerità e la straordinaria efficienza dei vigili; l'esistenza stessa di un reparto sicurezza urbana e antidegrado, probabilmente finanziato dalla Marvel; lo spietato lavoro di intelligence di questi agenti che meriterebbero un encomio e una promozione - con trasferimento all'antimafia. 

Dopodichè, parliamo del fatto che Alice Pasquini è un'artista riconosciuta a livello internazionale e che, personalmente, trovo meraviglioso che un'artista prenda in mano una bomboletta (o un pennello, uno stencil, della carta e della wheat paste) e "regali" a tutt* un pezzo in uno spazio pubblico, che lo faccia fuori da una logica di mercato, che lo faccia perchè trova irresistibile il fatto di dipingere in strada.

Parliamo del fatto che se sto aspettando un autobus (in ritardo) di Tper per cui pagherò un biglietto da 1,50 € (come la metropolitana a Parigi: così, per dire), mi fa stare bene aspettare il suddetto mezzo pubblico di scarse prestazioni guardando il pezzo gentilmente dipinto sulla pensilina.

Parliamo del fatto che non ho capito il discorso di Ronchi che dichiara che:

A) bisogna mappare le zone dove si può fare della street art;
B) sulle chiese non si può dipingere.

Parliamo del fatto che non capisco il discorso che fa Ronchi per il semplice fatto che

A) non è possibile pensare che se dipingo dove ho il permesso allora quella è street art / public art / valorizzazione dello spazio pubblico, mentre se dipingo senza permesso allora è degrado - perché il valore artistico di quello che faccio non lo determina il permesso rilasciato da un'amministrazione locale;
B) magari usciamo da questo brutto trip degli street artist che dipingono sulle chiese, un'evenienza alla Dan Brown sotto acido: ma chi li ha mai vist* fare un pezzo su una chiesa? le chiese non sono a rischio, alle chiese non verrà fatto un restyling in chiave urban, non c'è bisogno di preoccuparsi per le chiese: tutt'al più, ci sarebbe bisogno di far pagare l'ICI sulle chiese - ma questo è un altro trip.

Parliamo del fatto che a Londra (Londra, quella in Gran Bretagna: lo stesso paese dove se un deputato della Camera dei Comuni prende 100 sterline di troppo in rimborsi spese, poi si dimette di sua sponte - a proposito di rispetto delle regole) stanno provvedendo a mettere pannelli di plexiglass sui muri per proteggere i pezzi che qualcun* ha fatto illegalmente. Parliamo del fatto che per riconoscere un valore ai pezzi sui muri non è il caso di aspettare che qualcun* vada a fare uno strappo e lo metta poi all'asta da Sotheby.

Parliamo del fatto che, sempre a Londra, la street art è una risorsa economica, una di quelle sostenibili per uscire dalla crisi perché legata al turismo culturale: case editrici indipendenti hanno pubblicato guide che mappano percorsi urbani da seguire per rintracciare le opere degli/delle street artist, giovani storici dell'arte / associazioni / web magazine specializzati propongono visite guidate per i/le turist*.

Parliamo del fatto che siamo - come al solito - in leggera controtendenza: se hai il successo che ti meriti, se lavori nel campo per cui hai studiato, se ti fanno un'intervista, se rivendichi il tuo lavoro di street artist, bene che ti vada arriva il reparto sicurezza urbana con una denuncia.  E poi parlatemi della fuga dei cervelli.

E chiudo parlando del fatto che vorrei ringraziare Alice Pasquini per avere regalato a Bologna quei pezzi. E che vorrei rassicurarla sul fatto che, nonostante le apparenze, non ci siamo proprio tutt* fottut* il cervello. E che a Bologna esiste almeno una buona praticata di massa - quella dei party di finanziamento per pagare le multe.


lunedì 21 ottobre 2013

M.I.A. waiting for Matangi



M.I.A. è pronta per il lancio del suo quarto studio album: Matangi esce il 5 novembre 2013 - casualmente, l'anniversario della congiura delle polveri.

Nella lunga intervista rilasciata a pitchfork, ne parla come di un lavoro più "spiritual", inizialmente recepito da Interscope come "too positive" forse perchè più lontano dal dubstep di altri album (su cui era stato possibile capitalizzare?).

Oltre alla nuova uscita, M.I.A. parla anche dei mille progetti non proprio collaterali a cui si è dedicata, visto che nel mentre ha fatto di tutto: attivismo pro Palestina, un art book contenente tutta la sua produzione visual, una linea per Versace .

Nell'attesa dell'uscita di Matangi, c'è online il video di Bad Girls e la tracklist già rilasciata - titoli? l'intro è Karmageddon, l'outro Sexodus.